Descrizione
Ottocentocinquanta aforismi sull’architettura moderna montati in sequenza come un
avvincente blob televisivo, da leggere tutti d’un fiato o da scoprire attraverso
le chiavi di ricerca di un ampio indice analitico.
I testi, non solo di architetti, ma anche di scrittori, artisti e filosofi che si
sono occupati di architettura, spaziano entro i limiti temporali dell’ambito che
comunemente conosciamo come Moderno, dalla fine del Settecento agli anni ’70 del
Novecento.
Chi ha detto che gli architetti sono «tutti imbecilli perché dimenticano sempre
le scale quando fabbricano le case»? Chi invece che l’architetto «è un muratore
che ha studiato il latino»? E chi ha dichiarato che l’architettura «è il gioco sapiente,
rigoroso e magnifico dei volumi assemblati nella luce», oppure - come recita il
titolo - che «non è un Martini cocktail»?
Forse mai come nella fase modernista gli architetti hanno fatto ricorso così largamente
alla scrittura, ed è proprio l’esplorazione di questo fenomeno il principale tema
di indagine di questo libro: se le loro opere danno conto di come il Moderno è stato
praticato, gli scritti danno conto, invece, di come il Moderno è stato pensato.
Ne emerge così un piccolo “breviario”, utile a chi studia l’architettura, ma anche
a chi è interessato più in generale alle vicende della cultura moderna.
«Siamo di fronte ad un’antologia di considerazioni sull’architettura che si succedono,
come in una sorta di zibaldone a più voci, secondo una logica di prossimità tra
gli argomenti proposti, entro aree tematiche che sfumano l’una nell’altra, come
anelli semiaperti di una catena flessibile.» (Vieri Quilici)